Ne ho viste e sentite di tutti i colori, cari lettori, nei giorni passati da tutti coloro - medici taumaturghi, apprendisti stregoni, politici acchiappavoti, ciarlatani, pennivendoli del senno di poi, sindacalisti dell'ultima ora - accorsi al capezzale del Parma calcio morente. Si è messo in moto il solito esercito di inutili rianimatori che sempre si mobilita (molti arrivano, trafelati, di corsa, anche da lontano) quando incombe la disgrazia. Ognuno a dire la sua per cercare di salvare un morituro che fin dalla precipitosa fuga del presidente Tommaso Ghirardi, un paio di mesi fa, qualsiasi mente umana sana di mente sapeva che sarebbe morto. Una fuga vergognosa e comica al tempo stesso, con l'evidente intento di lasciare ad altri in mano il cerino acceso, grazie ad una assurda catena di cessioni al prezzo di un euro a faccendieri di passaggio, in cerca di megalomane notorietà, anche a costo di uno sputtanamento universale.

Perché sarà lui - non certo la sua controfigura Manenti, incredibile successore della prima sua controfigura Taci - a dover spiegare in Tribunale come abbia fatto a scavare quel buco spaventoso sotto una società - il Parma Calcio - che aveva graziosamente legalmente ricevuto ripulita dei debiti accumulati dai ragionieri di Collecchio dentro l'immenso calderone del crac Parmalat.

Nessun incitamento ad un tintennar di manette, come altri ex laudatores del presidentissimo bresciano pare stiano auspicando con orgasmica eccitazione. E' certo, però, che l'ex patron del Parma questa nostra città dovrà tornare a frequentarla, nonostante il definitivo addio per rientrare al suo "paesello" e nonostante il "foglio di via" urlato dai mille tifosi incazzati che domenica scorsa hanno partecipato alla civilissima marcia sulla casa del suo braccio destro Leonardi.
Dovrà suo malgrado frequentarla ospite di alcuni di quei magistrati che ha cercato di ingraziarsi ospitandoli graziosamente nella tribuna vip del Tardini nelle partite casalinghe del Parma.

E Pizzarotti ha creduto anche a questo, partecipando addirittura ad una cena unitamente ai vertici dell'Unione Industriali, con il buon samaritano venuto da oltre Adriatico. A mio modesto parere, sarebbe meglio che il sindaco si occupasse di più degli affari dei suoi amministrati (a cominciare dalle buche nelle strade) e meno di goffi salvataggi di società private, come quelle dell'Aeroporto e del Parma Calcio, considerando anche il fatto che l'unico salvataggio che gli è riuscito finora è stato quello del Comune di Parma, scaricando vergognosamente lo spaventoso debito ereditato dalle amministrazioni ubaldiane sui cittadini e non sui poteri forti che all'accumulo di quella montagna di debito avevano contribuito.
Come dimostra chiaramente l'ex addetto stampa del Parma Calcio Gabriele Majo nell'articolo pubblicato in ultima pagina, anche un cosiddetto fallimento "pilotato" per ripartire il prossimo anno dalla serie B è una pura illusione, poiché solo un altro Manenti potrà farsi avanti per acquistare una società che comunque dovrà far fronte - e non con chiacchiere - ai debiti sportivi. E anche se ammontassero solo in 60 milioni di euro come ipotizza Majo, solo un altro Manenti sarà disposto, lo ripeto, a sborsare questa cifra per comprare una squadra di serie B.

E questo qualcuno dovrebbe appartenere alla "grande famiglia" della Unione Industriali alla quale anche il Parma Calcio di Ghirardi si era, chissà perché, affiliato. E poi perché no, una bella colletta da parte di tutta quella schiera di fortunati che ogni domenica vedevano la partita a "sbafo" seduti e invidiati nella Tribuna Vip. A cominciare magari proprio da quei giudici che, dopo avere beneficiato per tanti anni, della generosità di Ghirardi, saranno ora gli arbitri imparziali, in Tribunale, del suo destino.
Parma, 3 marzo 2015 n. 8 / 15
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