venerdì 10 ottobre 2014

FEDERICO VUOL FAR LE SCARPE A BEPPE...COME COMICO

La sindrome della grandeur del ducato marialuigense deve essere una malattia così contagiosa da appiccicarsi addosso, inevitabilmente, a tutti quei politici e politicanti che in questa città vengono a contatto
con le leve del comando nei palazzi del potere.   Anche se provengono dalla campagna e fino al giorno prima pulivano le stalle e accudivano le giumente, quando inforcano l'abito della festa e, profumati e imbellettati, varcano il portone del Teatro per la prima del Regio vengono inevitabilmente contaminati. E nel foyer passano e ripassano cento volte davanti alla telecamera fino a quando la telecronista non li cattura per fargli commentare in diretta l'opera
verdiana.

E' in quel momento lì che si realizza il sogno di una vita. Si sentono improvvisamente importanti. E li senti parlare e sparlare, rigorosamente con la erre francoaustriaca, dell'opera verdiana da grandi
intenditori, da melomani incalliti, anche se la sola musica che avevano sentito fino a quel momento era il muggito delle bestie che reclamavano il foraggio.
La malattia, quando a notte inoltrata tornano a casa, li ha presi totalmente, anima e corpo. Una malattia difficile da curare. Non c'è vaccino che tenga.
E se per caso sono diventati il sindaco della città, cominciano a sognare le piramidi, i grandi ponti tipo Brooklin, la tour Eiffel (che a Parma può prendere le sembianze, per carenza di ferro, di una più
modesta pista ciclopedonale per sorpassare 5 metri di via Emilia), le metropolitane, gli aeroporti intercontinentali, e via di questo passo.

Negli ultimi tre lustri la sindrome megalomaniaca non ha lasciato immuni alcuno dei sindaci parmigiani. Nemmeno Federico Pizzarotti, primo sindaco grillino italiano, eletto un paio di anni fa sull'onda lunga,
che pareva devastante, dell'antipolitica e del malgoverno, è rimasto indenne.
Per fortuna (dei parmigiani), però, quando è entrato per la prima volta al Regio era sì "rifatto", ma senza soldi. I suoi predecessori Ubaldi e Vignali lo avevano lasciato in brache di tela. E allora lui, non potendo
materialmente costruire altre cattedrali nel deserto oltre a quelle lasciate da pagare ai parmigiani da Elvio e Pietro, ha dovuto per forza di cose dar sfogo alla sindrome marialuigesca come ha potuto, coi pochi
mezzi materiali a sua disposizione.

Come tutti ben sappiamo, si era trovato a fare il sindaco di Parma per puro caso. Da ignoto operatore informatico, si è improvvisamente ritrovato, senza riuscire a farsene una ragione, catapultato da Beppe
Grillo sulla poltrona di primo cittadino, inseguito dalle telecamere di tutto il mondo come un fenomeno da baraccone. Prima creatura politica del comico genovese.
Ma Pizzarotti non era un grillino italiano qualsiasi. Era un grillino parmigiano, ultimo erede della duchessa austriaca, moglie pluricornificata di Napoleone. E ritrovandosi come detto con le casse
solo piene di debiti, non poteva pensare di costruire un altro ponte abitato sulla Parma o di riprendere
in mano il progetto ubaldiano della metropolitana abiurato da Vignali. E allora per sfogare la sindrome della grandeur che si impadronisce di tutti i politici parmigiani - dopo un timido tentativo di salvare, senza
un euro, l'aeroporto - ha dovuto ripiegare su sogni a costo zero.
Il suo primo obbiettivo, se realizzato, supererebbe addirittura in megalomania la "città cantiere" di Ubaldi. Federico "il grande", cari lettori, si è messo in testa di prendere il posto di Beppe Grillo alla
guida del Movimento 5 Stelle.
Avete capito bene. Dopo avere rinnegato il programma elettorale imposto a tutti i candidati dal comico genovese.

Dopo avere cercato di realizzare a Parma la "grande intesa" con gli altri partiti provinciali, roba dell'altro mondo per il Beppe Nazionale.
Dopo avere elogiato i vari espulsi dal Movimento e intrallazzato con loro. Dopo tutte queste ed altre azioni che hanno fatto incazzare il suo padrone genovese, avrebbe anche cercato di aizzare alcuni parlamentari
grillini alla ribellione contro il gran capo. Con la recondita aspirazione di prenderne il posto.
Ve lo immaginate voi, cari lettori, il Movimento pentastellato capeggiato da Federico dopo la cacciata di Grillo? Vi immaginate le folle oceaniche che radunerebbe l'ex tecnico informatizzato ai suoi comizi?

Un vero e proprio golpe allo stato embrionale (per adesso) di fronte al quale Grillo, preoccupatissimo, ha reagito con alcune drastiche misure in vista della grande adunata romana di questo fine settimana.
Innanzitutto tenerlo lontano dal circo (Massimo) creandogli attorno un impenetrabile cordone sanitario. Niente palco e divieto di indossare la pettorina nel caso chiedesse di rendersi utile nel servizio ai
partecipanti. Beppe ha poi disposto una vigilanza per impedirgli anche di infiltrarsi, camuffato da vu cumprà, per vendere ai partecipanti bibite, gelati o, in caso di pioggia, ombrelli.
Federico, però, dall'alto del suo blasone marialuigiano, non fa una piega di fronte a questi diktat. E' l'erede di un ducato e continua a pensare in grande. Grillo ha attraversato a nuoto lo stretto di Messina per conquistare i voti dei siciliani? Lui non vuole essere da meno e si sta già esercitando nel laghetto del giardino ducale in attesa che il il Magistrato per il Po apra le chiaviche della cassa di espansione e lui possa anche tentare l'attraversamento, da una riva all'altra, della Parma.
Si tratta ora solo di vedere come finirà questa contesa. Io, cari lettori, penso che difficilmente Federico riuscira a far fuori Beppe dal movimento politico.
Chissà invece che non riesca a subentrargli come comico.

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