giovedì 30 aprile 2015

I BRAGHETTONI ALLA PARMIGIANA

E' lui, Ernesto Monteverdi (la foto in camicia nera e in posa mussoliniana è tratta dall'archivio ed è puramente casuale), il "Braghettone" di Parma. Cioè l'emulo, quasi cinque secoli dopo, di quel Daniele da Volterra, allievo di Michelangelo, che nel 1564 eseguì l'ordine del Papa Pio IV di "coprire le parti pudende" (cioè gli organi genitali) del Giudizio Universale, nella Cappella Sistina, per evitare che le nudità dei personaggi potessero suscitare pensieri immorali. Così il buon Daniele mise le mutande ai nudi di Michelangelo, e per quest’impresa è passato alla storia col soprannominato Braghettone.
Della serie "in questa città il peggio non tocca mai il fondo", vi devo raccontare, cari lettori, la storia di questo finora a me ignoto signore, il "braghettone" di Parma, appunto, che venerdì scorso ha avuto la fascistissima idea di inviare a tutti gli edicolanti aderenti alla Confesercenti, una mail con l'ordine perentorio ("è necessario rimuovere") di mettere ampie "mutande" (i braghettoni, appunto, di antica memoria) alle nostre locandine, coprendo le "vergogne" in esse rappresentate. E le "parti pudende" della locandina erano rappresentate, per l'occasione dal titolo: "La ricetta Gazzetta per fronteggiare la crisi finanziaria: sostituire i giornalisti con i giornalai".


Un titolo ironico che faceva riferimento alla clamorosa notizia contenuta nel nostro settimanale che il foglio mortuario degli industriali, ormai evidentemente ridotto alla canna del gas, aveva inviato una missiva agli edicolanti invitandoli a collaborare, per rendere più completo e interessante il proprio look , utilizzando un numero verde per inoltrare al giornale notizie, spunti per articoli e inchieste. Una iniziativa, questa, che aveva suscitato fra i giornalai - impegnati in una dura vertenza con l'editore gazzettiero -  insulti, improperi e proteste il cui eco era giunto sino a noi con la richiesta di rendere pubblica quella missiva, firmata dal direttore Molossi e dall'amministratore delegato Montan, ritenuta dai più niente poco di meno che una provocazione. Provocazione dal sapore addirittura beffardo quando gli edicolanti hanno saputo che l'iniziativa era stata appoggiata dalla stessa associazione dei giornalai aderente alla Confesercenti.


Ovviamente noi abbiamo accolto di buon grado la richiesta di aiuto dei nostri amici edicolanti in guerra con il foglio confindustriale accusato di volerli strozzare riconoscendo un margine di guadagno irrisorio sulle vendite, soprattutto di quelle effettuate dietro esibizione della odiatissima card blu.
Il nostro intervento a sostegno della categoria così pesantemente bistrattata ha però suscitato un putiferio di reazioni. La più scomposta e violenta delle quale è stata appunto l'incredibile fascistissimo diktat di censura preventiva, che ogni addetto ai lavori che opera nel mondo dell'editoria dovrebbe sapere essere vietatissimo dalle norme (anche costituzionali) in vigore in Italia dopo la caduta del ventennio fascista. Una incredibile censura preventiva che, tra l'altro, ha avuto un immediato effetto boomerang, smascherando, come detto, la collusione con il foglio cimiteriale cittadino di questo sindacato degli edicolanti aderente ad una organizzazione di ispirazione sinistrorsa che dovrebbe proteggere gli interessi degli esercizi commerciali.


Lo scollamento della "base" da questo sindacato sedicente sinistrorso si è tramutato in un fallimento pressoché totale del sabotaggio di stampo fascista del nostro piccolo grande settimanale. Solo poche edicole, prontamente riprese dal nostro fotografo, hanno aderito in città  alla vergognosa illegittima iniziativa che ha portato allo scoperto l'asservimento di questa Confesercenti agli interessi del colosso editoriale dai piedi d'argilla di via Mantova ed a quelli della casa madre confindustriale di via Al Ponte Caprazucca.
Un fallimento pressoché totale visto che solo in un'edicola, quella di via Solferino, posta di fronte all'alternativa fra il ripristino della legalità con la riesposizione della locandina oscurata e la inibizione alla vendita della nostra Voce, ha preferito continuare ad obbedire al diktat di stampo squadristico, timorosa, evidentemente, della minaccia  di "problematiche future" contenuta nella missiva di Confesercenti sottoscritta dal "brachettone" Ernesto Monteverdi.


I nostri lettori che si recavano in questa rivendita a comprare la nostra "Voce", quindi, fin da questa settimana dovranno rivolgersi ad altra edicola perché noi non accettiamo intimidazioni, sabotaggi, boicottaggi, censure di nessun genere e di nessuna provenienza, men che meno se calate dall'alto di quei palazzi che fino a oggi hanno potuto godere di benevolenza e impunità da parte di chi avrebbe dovuto assicurare e garantire a tutti i cittadini il rispetto della legalità e la par condicio di lavoro e di impresa.
Questa - quella della inibizione a vendere il nostro giornale a chi lo boicotta - è la nostra sanzione ad esecuzione immediata. Quanto al "braghettone" e alla sua associazione di categoria, sarà inevitabile che rispondano del loro attacco alla libera stampa nelle competenti sedi civili e penali.

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