giovedì 30 aprile 2015

NON E' UN PONTE MA UNA NUVOLA DI VETRO CON UNA GRANDE ANIMA

"Giungiamo al termine di un percorso importante e lungo. È' un progetto doppio, perché non solo realizziamo un ponte che serve alla città, ma abbiamo evitato di fare un ponte banale, ne abbiamo voluto uno che sopra avesse funzioni, una moderna rilettura del ponte Vecchio fiorentino. Il progetto è ambizioso: Il centro dovrà divenire l'eccellenza internazionale su tutto ciò che riguarda il cibo italiano; non è quindi una struttura che creiamo solo per Parma o solo per l'Italia. Quando sarà pronto anche il progetto di dettaglio, faremo una grande presentazione agli opinion leader di Parma e non solo. D'ora in poi non si ragionerà più sul 'ponte degli scatoloni', ma su una grande nuvola di vetro, di cristallo con una grande anima".


Se i parmigiani avessero un po' di memoria, o semplicemente leggessero, oltre alla pagina dei morti, anche le altre pagine del foglio mortuario degli industriali di Parma, ricorderebbero le "canelle" (traduzione italiana dal vernacolo locale) e le commediografiche arrampicate sugli specchi che i politici inventano e raccontano loro di volta in volta per giustificare il trasferimento di denaro (detto anche prelievo forzoso gabellare) dalle loro tasche (dei cittadini) a quelle capienti dei cementificatori che hanno vinto (o vinceranno) le gare per costruire  certe mega porcate ed eviterebbero di cascarci una seconda, terza, quarta volta, quando il giochino sporco inevitabilmente si ripeterà.
E la seconda volta (al massimo la terza) si recherebbero sotto  i Portici del Grano, non con le pentole a far chiasso, come accaduto qualche anno fa quando cacciarono Vignali, ma coi forconi urlando: "adesso basta ladroni, stop, ci avete rotto il cazzo".


Andandolo a rileggere in questi giorni, cari lettori, devo dire che quel sermone, perdon, quella "lectio magistralis"  recitata  "urbi et orbi" quel 20 febbraio 2007 dal tanto compianto (dagli industriali di Parma, non certo dai cittadini vittime della sua "città cantiere") per incantare il popolo bue, ha evidenziato le uniche doti  che erano rimaste un po' in ombra del piccolo zar di provincia: Ubaldi era anche un poeta, un sommo poeta, direi.  Quella definizione di "nuvola di vetro con una grande anima" per nobilitare quella schifezza architettonica che poi, purtroppo si è materializzata e ora è sotto gli occhi di tutti, meriterebbe di finire scolpita in una lapide marmorea, con la foto di Elvio, da incorporare alla vetrata d'ingresso del ponte "abitato" (dai fantasmi). A futura memoria di come venivano sputtanati i soldi dei cittadini in quegli anni di fine e inizio secolo, con opere non solo inutili e obbrobriose, ma anche abusive e dannose, al solo scopo di arricchire palazzinari che in questa povera città facevano (e fanno) il bello e il cattivo tempo, grazie ad una classe politica corrotta e a un Tribunale vergognosamente asservito a quegli interessi privati.


Di Elvio Ubaldi erano noti  due complessi esistenziali: non essere riuscito a laurearsi e non essere un parmigano del sasso, ma un "villan rifatto" arrivato a Parma dal vicino paesello di Vigatto. Al primo rimediava facendosi chiamare dottore. Le origini paesane gli bruciavano ancor di più. Al complesso del "paesello", della carente parmigianità doc rimediava con le grandi idee che poi si riversavano nelle grandi opere, finendo per fargli credere veramente di essersi reincarnato nei faraoni egizi.. 
Sì, cari lettori, Elvio pensava in grande e purtroppo per i poveri suoi sudditi non si fermava lì, ma traduceva i suoi pensieri in opere faraoniche di cui sono rimaste tracce indelebili come il maestoso ponte "fallico" (detto anche ponte Ridolini) per passare pochi metri, da una riva all'altra della Parma, a sud della città. Come  la  pantagruelica ciclopedonale per superare  i  cinque o sei metri da un lato all'altro della via Emilia. O come la fortunatamente abortita, grazie a Vignali, metropolitana che il mega cervello di quell'uomo aveva progettato per una città conigliesca, che in pochi anni avrebbe triplicato i suoi abitanti.


E, dulcis in fundo, il nostro obbrobrioso ponte nord. Perdon, quella deliziosa "nuvola di vetro con una grande anima" che in quest'anno di grazia 2015 dell'Expo e del Giubileo - tutto il mondo potrà venire ad ammirare estasiato. E non c'è dubbio che la sua mente partorì questa idea geniale per allargare al mondo una città come Parma che gli stava troppo stretta, pensando proprio all'expo universale di Milano. Doveva essere quello il suo riferimento, quando descriveva l'ambizioso progetto di un manufatto non banale, ma una "moderna rilettura del ponte Vecchio fiorentino". con al centro "l'eccellenza internazionale su tutto ciò che riguarda il cibo italiano". Un ponte che avrebbe dovuto proiettare Parma non solo in Europa (anche quella gli stava troppo stretta), ma nell'intero universo. Con l'ovvia conseguenza che  "non è quindi una struttura che creiamo solo per Parma o solo per l'Italia".


In qualsiasi altra parte del mondo, udite quelle parole, lo avrebbero trattato come un visionario, preso e rinchiuso da qaulche parte per impedirgli di fare dei danni, soprattutto perché anche i bambini sapevano che non si possono costruire abitazioni negli alvei dei fiumi. A Parma, invece, quel discorso farneticante diventò un'enciclica. E la stampa padronale si scatenò facendo a gara a chi lo magnificava ed esaltava di più. Non ho voglia di andarmi a rileggerre, cari lettori, le cronache di quei giorni, ma sono certo che sulla stampa scritta e parlata si sprecarono espressioni e titoloni come: "Ubaldi proietta Parma nel futuro", oppure "Un ponte di Parma verso il mondo". "Dopo quello di Neil Armstrong sulla luna, il passo di Ubaldi nell'universo". E roba di questo genere.
Ma quello che è peggio è che da Roma, la capitale dello Stato più corrotto d'Europa, non mandarono a Parma ambulanze e  barellieri, ma 25 milioni di euro per co struire un'opera abusiva, sull' alveo della Parma che è lì da vedere.  

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