giovedì 30 aprile 2015

LIBERIAMOCI DA QUELLE BANDE DI TRAFFICANTI CHE GOVERNANO UNO STATO LIBERATO DAI NOSTRI PADRI


"Anche dopo la Risurrezione di Gesù, le croci non sono diminuite, anzi la cattiveria umana, allergica all’amore, le ha moltiplicate. Ed ecco allora la vergogna della tortura a Genova nel 2001 e tuttora in Italia e in altre parti del mondo, contro credenti e innocenti. Io a Genova c’ero, vicino a don Andrea Gallo; travolti dalla massa, qualcosa di quel dramma abbiamo potuto vedere e constatare: quando c’è di mezzo il potere in divisa, non è mai colpa di nessuno, non è stato nessuno. Un’altra croce innalzata è l’odio contro i diversi, i rom in modo particolare. Anche la politica diventa ferocia e fa dire a un politico razzista: «Occorre radere al suolo tutti i campi rom». Ci si dimentica, per propaganda stupida e assurda, che 4 rom su 5 vivono in regolari abitazioni, studiano e lavorano come tutti. Ma alcuni rubano! Quanti Italiani lo fanno: è lo sport più praticato da dirigenti di azienda, da politici, da mafiosi e da tanti disonesti".


Per ricordare e onorare il settantesimo anniversario della Liberazione dall'oppressione nazifascista, prendo a prestito, questa settimana, questa bella descrizione di questa nostra Italia attinta dalla domenicale omelia del nostro Luciano Scaccaglia, che, per quanto ne so io, è rimasto per tutti questi anni fedele a quegli ideali di libertà. di democrazia e di fratellanza che ci consegnarono - con un ideale passaggio di testimone -  i nostri padri che allora rischiarono la vita per affidarci uno Stato e una società fondata su quei valori universali.


E mentre scrivo queste righe mi riallaccio anche alle parole del giornalista del Corriere Aldo Cazzullo che, presentando l'altra sera  un suo libro sulla Resistenza in un salotto televisivo, ha detto  con rabbia: "E' una vergogna un' Italia come questa che ha tradito la lotta e il sangue versato da quegli eroi che settant'anni fa ci hanno liberati dai nazifascisti".
Anch'io, cari lettori, mi vergogno di vivere in uno Stato come questo che quegli eroi della Resistenza, quegli angeli della libertà, ci avevano consegnato pulito e depurato col loro sacrificio e  col loro sangue.
Mi vergogno e chiedo perdono a quelle centinaia di migliaia di uomini e donne, che donarono alcuni degli anni più belli della loro giovinezza, per non essere riuscito ad impedire che si impadronissero di quelle loro conquiste bande di politici criminali col doppio petto e col colletto bianco che piano piano, quatti quatti, poco alla volta, un pezzetto al giorno, sono riusciti a toglierci quella libertà e quella democrazia conquistata dai nostri padri a caro prezzo.


Settant'anni dopo quel glorioso 25 aprile 1945, ci ritroviamo con una democrazia mutilata, con lo stato sociale smontato pezzo per pezzo  e con libertà fondamentali come quella di espressione proclamate solo sulla carta, sui codici, ma annichilite dentro i tribunali.
Ci ritroviamo a Roma con un dittatoretto da strapazzo - autentica caricatura mussoliniana - salito al potere grazie ad una legge elettorale truffaldina, dichiarata anche formalmente incostituzionale da una manica di giudici di una Corte Costituzionale che hanno impiegato quasi vent'anni per rendersi conto che il porcellum rappresentava un insulto a quei partigiani che avevano combattuto la dittatura nazifascista perché permetteva a un manipolo di capi partito, o, per meglio dire, ad alcuni  capi banda, viste le ruberie  alle quali erano dedite le lroo formazioni politiche corrotte, di nominare deputati e senatori, anziché eleggerli.


Una situazione vergognosa che ci vede in Europa al primo posto della corruzione politico - amministrativa e a uno degli ultimi, nel mondo, nella classifica della libertà di stampa. E questo dittatoretto da strapazzo, che appare ogni minuto del santo giorno in televisione a divulgare il suo verbo, segue a ruota un'altro dittatoretto "democrratico" che in vent'anni di governo ha semplicemente potuto fare i cazzi suoi: leggi ad personam o per i suoi affari, le sue aziende, le sue donne.


E venendo all' orticello parmigiano, vicino a casa, la musica non è cambiata. Qui dalle nostre parti, cari lettori, mi sembra emblematica la storia di due Elvio Ubaldi di Vigatto. Il primo, coetaneo di mio padre, per liberaci ci lasciò le penne ed oggi è uno di quei martiri della Resistenza davanti ai quali tutti noi dobbiamo inchinarci.  Costui lasciò in eredità la libertà e la democrazia conquistata a un altro Elvio Ubaldi da Vigatto, suo nipote. E questi, divenuto sindaco di Parma, dimenticò la retta via tracciata dallo zio e, esibendo doti e propensionii da zar e faraoni, sperperò ingenti quantità di denaro pubblico con opere assurde e inutili come la metropolitana (fortunatamente abortita) e il ponte abitato dai fantasmi a nord sulla Parma.


Settant'anni dopo la Liberazione, quindi, dobbiamo solo vergognarci e chiedere perdono agli eroi della Resistenza per avere permesso, noi, vivi e vegeti, a politicanti di ogni razza, spuntati da ogni dove come funghi, di dilapidare quel patrimonio ideale e politico conquistato in quei giorni contro l'oppressore nazifascista.
E io prima di tutti voglio dire grazie e chiedere perdono a Valentina Guidetti, quella ragazzina che nella foto grande è raffigurata in questa pagina vicino a mio padre e che morì trucidata da pugnalate  nazifasciste dopo essere stata catturata  mentre portava ordini ad altra formazione partigiana. 


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