Quello che mi preoccupa di più, cari lettori, riguardo al destino della
Parma romana riemersa dopo duemila anni a seguito degli scavi nell'area
dell'Oltretorrente dove sorgeva il palazzo dell'Anagrafe da parte della
associazione di imprese Pizzarotti - Soparco che su quel terreno
intendono edificare dei palazzi, è l'assordante silenzio del sindaco
Federico Pizzarotti.
Lo abbiamo visto apparire dappertutto e sentito
intervenire su tutto. Molte volte a sproposito, come quando ha
accreditato, unitamente ai vertici dell'Unione Parmense Industriali,
pluriergastolani e faccendieri nella tragicomica vicenda della vendita
del Parma Calcio da parte del fuggiasco Ghirardi. O come quando, mentre
chiudeva asili e riduceva sussidi ai disabili, prometteva decine di
migliaia di euro, sempre in sintonia con lor signori, per tenere in vita
un aeroporto che ha già succhiato nei decenni passati somme ingenti al
Comune e alla Provincia di Parma.
Sulla sorte della riemersione della
città romana, invece, nemmeno una parola. Il disinteresse del primo
cittadino pare essere totale. E ciò nonostante abbia manifestato, in
passato, una forte avversione verso quei palazzacci che deturperebbero
per sempre lo scorcio del Lungoparma.
Pare essere passato un secolo,
non soli tre anni, quando Pizzarotti aspirante sindaco, in campagna
elettorale si scagliava contro i palazzoni dell'omonimo costruttore con
queste poco lungimiranti parole: "Forse saremo rimasti fra i pochi
nostalgici ma pensiamo che lo scorcio del Lungoparma sia uno dei più
belli d'Italia, paragonabile forse a quelli di Firenze e Verona. Non ce
ne vogliano gli architetti, ma dopo aver visto il rendering dei nuovi
edifici che sorgeranno nell'area dell'ex anagrafe, edifici alti 14 metri
di 3 piani con attico, non possiamo che parlare dell'ennesimo scempio
paesaggistico di Parma, ancora peggiore perché perpetrato ai danni del
centro storico. Ennesimo perché già ora è sufficiente fermarsi sul
Lungoparma all'altezza della Nuova Ghiaia e osservare gli edifici
storici che si affacciano sull'ex parcheggio dall'altra parte del
torrente su cui dovrebbero sorgere i nuovi palazzi. In quella zona, per
rispetto dell'armonia architettonica degli edifici esistenti, non si
dovrebbe costruire nulla".
E pensare che Federico Pizzarotti, quando
esprimeva questi sacrosanti concetti, non sapeva ancora che per
costruire quegli obbrobriosi e squallidi palazzi che deturperanno per
sempre quello scorcio del Lungoparma che riteneva uno dei più belli
d'Italia, si dovranno sacrificare anche le antiche vestigia della Parma
Romana riemersa due anni dopo quelle sue esternazioni.
E ora che lo
sa, ora che potrebbe condizionare pesantemente la Sopraintendenza nel
vietare uno scempio che non è più solo ambientale, ma anche storico e
artistico, non ha più niente da dire. Ora che, grazie anche a quelle
promesse di far voltar pagina a questa città, è divenuto sindaco di
Parma, su questo argomento ha perso la prolifica favella. E non si pone
più certe "scabrose" domande che invece, in quel tempo preelettorale lo
affliggevano. Così, infatti, proseguiva il suo sermone contro i
palazzacci con vista sul torrente: "Ci domandiamo come sia possibile che
la Soprintendenza possa permettere la costruzione di questa ennesima
colata di cemento e vetro che ha come unico scopo quello di sfruttare al
massimo lo spazio per massimizzare i guadagni, rovinando per sempre il
più famoso scorcio di Parma...".
Se lo domandava allora, ma ora non
più. Proprio adesso che quelle sue domande dovrebbero affliggerlo ancor
più visto che ora quello scempio non sarebbe più solo ambientale, ma
anche storico e archeologico.
Voce 26.05.15
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